Mi sono distratta
per un po’ ma lo so bene che bisogna finire il racconto di questo viaggio a
Cuba.
Ci si era
lasciati a Cienfuegos e da lí si riparte.
Mattinata del 6 aprile a spasso per
questo paesino, che poi è una piazza e un paio di vie intorno, ma è tanto
carino.
Riprendiamo il
pullmino e si parte alla volta di Trinidad. Marcial decide di fare una sosta
inaspettata verso ora di pranzo: un baracchino di frutta a lato della strada.
Premesso che tra i miei innumerevoli problemi figura, in top ten, il non
mangiare frutta (niente, nada, zero, no nemmeno le fragole è inutile che ci
provate)...questa pausa è stata comunque una meraviglia, quanto meno dal punto
di vista culturale per la sottoscritta. Tempo tre secondi e il tizio della
baracca inizia a tagliare frutti di ogni colore, forma e dimensione a velocità
supersonica distribuendo pezzi di tutto e un po’ ai miei compagni di viaggio,
che si abbuffano come non ci fosse un domani (caso più unico che raro: per una
volta non sono io a far la parte della morta di fame). La scena aveva qualcosa
di grottesco, un po’ perchè non avevamo la minima idea di che frutti fossero (frutti
cubani questi sconosciuti, ma hanno dei colori meravigliosi), un po’ perché l’omino
della frutta era più veloce di Flash e in quattro e quattr’otto ha fatto fuori
tutto quello che c’era sul bancone.
Nel pomeriggio si
arriva finalmente a Trinidad. Solita routine di assegnazione camere e casualmente
la nostra casa particular si trova proprio di fianco a un posticino sfigato che
sforna pizzette. Tre pizze: un euro. Embé vorremmo mica lasciarle lì. Oh io ve
lo dico: ottima! Ok non me la sento di consigliarvi di comprare pizzette a Cuba
perchè nei giorni successivi ne abbiamo provate altre due o tre ed erano praticamente
immangiabili...ma quella di Trinidad è stata una goduria!
Giro per le vie
della città, che incanta ad ogni angolo.
Non si può non
innamorarsi di questa città. Agli occhi del turista appare bellissima, a mio
parere la città cubana più bella in assoluto, uno di quei posti che non
smetterei mai di fotografare.
Una bellezza
triste, che si scontra con la consapevolezza di tutto quello che sta dietro a
quei muri colorati.
A Trinidad sono
capitati due episodi che mi hanno permesso di capire meglio questo Paese.
Il primo è stato
una chiacchierata con la proprietaria di una bodega, i negozi nazionali che forniscono prodotti di prima
necessità ai cubani. Ogni famiglia cubana ha diritto ad una certa quantità di beni
essenziali su base mensile. La distribuzione, che viene annotata sulla famosa libreta, è strettamente razionata e solitamente
sufficiente alla sopravvivenza della famiglia per i primi dieci giorni del
mese. Per i restanti venti giorni bisogna trovare vie alternative. Che non è
proprio semplice, se si pensa che uno stipendio medio mensile è di circa 15
euro. A questo si aggiunge il gioco della doppia moneta, CUC turistici e moneda nacional, e del conseguente
doppio mercato. Per un cubano, che viene pagato in moneda nacional, diventa
impossibile acquistare beni in CUC (che risultano fino a otto volte più costosi)
e non è detto che quello stesso bene sia acquistabile in moneta locale. Il
risultato è che la maggior parte dei cubani, non potendo fare altrimenti, si
affida al mercato nero o alla generosità dei turisti (per cui siate generosi!!).
Fatto sta che,
nonostante tutto, la proprietaria della bodega, una ragazza che in passato è
stata sposata con uno svizzero e ha quindi visto e vissuto il mondo al di fuori
di Cuba, mi ha raccontato la sua storia con il sorriso e ha concluso dicendomi ‘e quindi ora sono in un paese che amo,
poverissima ma felice’.
Il secondo
episodio è capitato quella stessa sera. Dopo il giro della città e una buona
cena nella casa particular, decidiamo di spostarci verso il centro, sulla
famosa scalinata di Trinidad, per bere qualcosa e ballare un po’ di salsa. Un
paio di ragazzi cubani conosciuti in una delle sere precedenti ci avevano detto
che sarebbero stati in piazza ad aspettarci, ma conoscendo la difficile
situazione trasporti a Cuba non ci aspettavamo certo di trovarli lì (per
intenderci: non esistono macchine private, i cubani si spostano per lo più
facendo l’autostop perchè è pressoché impossibile, oltre che costoso, prevedere
l’orario di arrivo dei mezzi pubblici). E invece.
E invece li
troviamo in piazza puntuali come da accordi. Neanche il tempo di due saluti e
la polizia li ferma. Controllo documenti. Noi all’inizio un po’ timorose, ci
facciamo poi coraggio e chiediamo spiegazioni a un agente. ‘Niente, semplice
controllo documenti perchè vengono da un’altra provincia. Devono seguirci in
caserma’. Chiedo quanto ci vorrà per i controlli. Risposta dell’agente: circa
mezz’ora. Non sono più tornati. Il giorno dopo scrivono un messaggio di scuse,
riassumendo il tutto con ‘purtroppo questa è Cuba’. Parlando con diverse
persone scopriamo che i cubani possono essere portati in questura per un
controllo documenti e trattenuti fino a 42 ore senza motivo. Il tutto, presumo,
perchè sono stati visti PARLARE con delle turiste. Nei giorni successivi, dopo
aver saputo che per loro era tutto ok, ci abbiamo riso sopra parecchio,
additando prima una e poi l’altra come ‘brutte persone che fanno finire bravi
ragazzi in prigione’. Ma questi, poveretti, dopo essersi fatti qualche ora di
bus per venire a Trinidad a ballare e bere un mojito in compagnia, hanno
passato la notte in questura senza la benché minima ragione.
E posso capire la
tutela del turismo, fonte di guadagno per il Paese. E posso capire il controllo
sulla prostituzione o lo spaccio o simili, nel caso potessero aver pensato cose
del genere. Ma stavano PARLANDO nel bel mezzo della piazza principale, dove
stavano decine di altre persone.
E per cui sì,
siamo cattive persone che fanno andare in prigione la gente.
E questa è Cuba,
bella e terribile al tempo stesso.
Ok, ora si è
presa una piega tristerrima, ma tornando all’inizio del post e ai mille colori
di questa città, ribadisco: Trinidad è in assoluto il gioiello dell’isola, sareste
dei folli a non inserirla in un qualsiasi tour cubano! Per cui dedicatele
almeno una giornata, passeggiate per le sue mille viuzze, assaggiate la canchanchara nell’omonimo locale,
visitate i mercatini all’aperto, ballate la salsa a La Casa della Musica, visitate una casa colonial e soprattutto
parlate con la gente e ascoltate le loro storie. È la ricchezza più grande che
ha da offrire questo Paese.
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